Pietre: dalle Kujas al culto betilico

Dalle letture di questi giorni è nata una mia riflessione sull’importanza delle pietre e ho pensato a un parallelismo tra le kujas del mondo andino e il culto betilico della nostra storia.

Le kujas

Rituale di guarigione andina con le kujasCome abbiamo visto già altre volte i maestri Q’eros identificano con il termine kujas gli oggetti di potere spesso raccolti all’interno della loro misha. E’ interessante notare che, spesso, tali oggetti sono rappresentati da pietre che connettono il Paqo ai luoghi sacri a cui è stato iniziato.

Queste pietre vengono usate sia per la pratica personale, per la ricerca di potere che per la guarigione. Nel rituale di guarigione andina vengono infatti poste sul corpo (un po’ come avviene nella moderna cristalloterapia) per connettere i centri (nawi) con le forze della natura. Altre volte, invece, vengono strofinate per tagliare via l’energia pesante e ripulire i corpi sottili della persona.

Il culto betilico

Pietre - Dea Madre e il culto BetilicoLeggendo il libro di A. Romanazzi ” La Dea Madre e il culto betilico – Le origini del mito” mi sono accorto di questa analogia. Romanazzi sostiene che questo culto ancestrale sia presente non solo in europa, dove sicuramente ha avuto un grande sviluppo megalitico, ma un po’ in tutto il mondo.

Il culto betilico nasce in stretta correlazione al culto della Dea Madre. La Dea Madre è la nostra Madre Terra e pare sia la prima forma cultuale sviluppata ai tempi in cui l’uomo viveva nelle caverne. Simbolo della Dea Madre era appunto la caverna, quale antro umido, grembo generatore di vita.

Ben presto l’uomo si è accorto, però, che la Madre da sola poteva ben poco e che in essa era già espresso il Dio. Andò così sviluppandosi una polarità/ dualità divina: la Coppia Sacra.

Ecco per chi segue gli insegnamenti Q’eros già qui troviamo notevoli corrispondenze. Ciò che noi chiamiamo Dea Madre per loro è la Pachamama. Ma anche in questa cultura è fondamentale la relazione e l’interazione. Abbiamo infatti sempre una relazione tra alto e basso, tra Pachamama e Padre Cielo, tra Madre Terra e Padre Sole, tra Padre Vento e Madre Acqua.

Ma andiamo oltre, dicevo delle pietre.
Il culto betilico significa culto della pietra sacra. L’uomo delle caverne, dicevo, si accorse che già nel grembo della madre era presente un principio “fallico” che aveva il compito di fecondare la Madre per dare la vita, erano le stalattiti e stalagmiti.

Nella sua evoluzione accorda alle rocce tale principio fecondatore, ecco che nascono i Dolmen, i Menhir etc.

Le pietre: luoghi di guarigione e fertilità.

Culto betilico pietre di fertilitàL’uomo connette questi luoghi, prima naturali e poi artificiali ai culti di fertilità e guarigione. Era usanza infatti andare in questi luoghi sacri, veri e propri templi a cielo aperto nei boschi dedicati al Dio e alla Dea, per propiziarsi la fertilità non solo della donna, ma anche dei campi o del bestiame. Erano luoghi in cui onorare la forza creatrice della natura e la sua insita ciclicità.

Ecco allora uomini e donne che vanno alle rocce, vi si strofinano, vi passano attraverso per ottenere guarigione seguendo antichissimi rituali che, seppur modificati, in alcuni casi si sono mantenuti vivi fino ai giorni nostri, seppur modificati, grazie al folklore.

Dai Q’erso a noi

kujas nella mishaTrovo la cultura andina molto simile a queste nostre primigene forme cultuali, ed è per questo (almeno per quel che mi riguarda) che credo siano un utile confronto per riscoprire le nostre radici. L’uomo occidentale andava presso Dolmen e Menhir per cultuare l’unione sacra e chiedere aiuto; i q’eros usano pietre che vengono dai loro luoghi sacri per fare fondamentalmente lo stesso.

La parola chiave per un Paqo è riconnettersi alla Pachamama attraverso questi strumenti per ritrovare la propria salute.

Mi viene da pensare, però, che non sappiamo se, oltre al culto betilico descritto, l’uomo antico non raccogliesse anche lui come il maestro andino pietre più piccole, “tascabili”, per i suoi scopi “magici”. Io onestamente penso di si.
Basta osservare l’uomo moderno che, quasi inconsciamente, sente la necessità di raccogliere sempre un sassolino o un oggetto che funga da ricordo del luogo in cui è stato. E’ inconsapevole del significato profondo di questo gesto, ma credo sia un retaggio antico.

Un esempio sono le pietre forate. Tutt’oggi le pietre forate sono un grande talismano di guarigione e protezione. Tali pietre vengono raccolte e conservate con cura, spesso indossate. C’è anche chi le collega allo sciamano, sostenendo che siano un oggetto per quest’ultimo di grande potere… direi esattamente come le kujas del Paqo.

Ecco volevo condividere con voi queste mie riflessioni, sperando che possano risultarvi interessanti e, magari, possano risvegliare anche in voi la curiosità viva e gioiosa di riscoprire le nostre radici. Troppo a lungo abbiamo pensato che fossero morte e sepolte dagli avvenimenti nefasti della nostra storia, ma forse in qualche modo è possibile farle risorgere, esattamente come la divinità risorge dopo la morte, come la natura ci insegna anno dopo anno. Necessitiamo solo delle giuste chiavi.