Sciamano per nascita o volontà?

Come affermato nel precedente articolo, per noi occidentali diventa difficile comprendere una realtà (e cultura) che non ci appartiene. Credo che chiunque si sia avvicinato allo sciamanesimo si sia posto la domanda se poteva diventare uno sciamano. Se siamo onesti, credo possiate convenirne.
Come prima cosa credo sia importante capire chi è uno sciamano.

Il termine “sciamano” entra nella lingua italiana nel 1838. La prima attestazione in lingua occidentale del termine “schamane” (“sciamano”) è databile al 1698 quando il mercante di Lubecca Adam Brand lo riporta nel suo diario riguardante il viaggio compiuto tra Mosca e Pechino sotto la guida del mercante olandese Evert Ysbrants Ydes.
Il termine italiano “sciamano”, e il suo corrispettivo tedesco “schamane”, nonché quello inglese “shaman”, risultano adattamenti del russo šaman a sua volta resa del tunguso šamān. Con ogni probabilità il termine tunguso šamān è la resa in quella lingua del sanscrito śrāmaṇa o śrāmaṇera, forse per mezzo di un possibile ricostruito cinese sha-men.
Il termine tunguso šamān non esaurisce minimamente l’ampia gamma di termini che nelle sole regioni siberiane è utilizzato per indicare lo “sciamano”. (fonte: wikipedia)

“Lo Sciamanesimo in senso stretto è soprattutto un fenomeno religioso della Siberia e dell’Asia centrale.” Mircea Eliade

Una sciamanaDetto ciò si può già intuire una confusione di fondo (a mio avviso) derivante dal voler unificare sotto l’unico termine di sciamanesimo pratiche spirituali di tutto il mondo che sì, indubbiamente hanno delle caratteristiche comuni, ma che mantengono la loro unicità. Seguendo gli incontri “misti” di sciamanesimo nepalese e andino, la prima cosa che viene affermata è che le due vie non sono uguali, mantengono la loro unicità, ma avendo dei punti in comune possono essere messe in relazione e integrate. La ricchezza deriva dal portare dentro conoscenze diverse e integrarle.
In questi anni, mi sono trovato spesso in difficoltà a comprendere chi fosse uno sciamano, quali fossero le sue caratteristiche, perché a volte a parità di capacità “psichiche” uno è uno sciamano e l’altro no. Ho chiesto ai miei maestri, ho studiato, ho cercato di comprendere. Lo sciamanesimo può essere identificato con una via mistica, ma lo sciamano, tra le tante qualità, ne ha una che lo caratterizza: la capacità di incorporare uno spirito. E’ questa la condizione sine qua non. Per cui capite che, figure mistiche di guaritori e sacerdoti o maghi sono state racchiuse in un unico insieme chiamato sciamano / sciamanesimo, ma che se riportate alla loro origine e alla loro cultura sarebbero chiamate nel modo corretto. Con questo intendo dire che anziché semplificare, dovremmo chiamare ogni figura secondo il suo vero nome tradizionale, di modo da rapportarci esclusivamente a lei e creare meno confusione.

AngaangaqDa ciò ne deriva che, secondo i miei studi, vi sono diverse modalità per essere identificati come sciamani, a seconda delle culture. In alcune troviamo che lo sciamano è tale per linea di sangue, per discendenza di generazione in generazione; in altre invece lo si diventa di conseguenza a eventi particolari (per es. dopo essere sopravvissuti a un forte trauma, aver sconfitto la morte, come nel caso di essere stati colpiti da un fulmine); in altri casi ancora sono accettati sia sciamani di sangue che del secondo tipo. In alcuni casi, come racconta lo sciamano eschimese Angaangaq, è la comunità a riconoscere questo ruolo in una persona, in altri è un processo interiore.

Se prendiamo in considerazione quegli sciamani che, come dicevo prima, sono tali solo dopo l’incorporazione di uno spirito, allora possiamo parlare di una chiamata, come evento determinante. La chiamata (da parte degli spiriti), ovvero l’incorporazione è quell’evento che determina la possibile nascita di uno sciamano, ma ciò non è assicurato. E’ solo l’inizio di un viaggio che sarà lungo e impervio, di addestramento e lavoro su se stessi e che, solo una volta terminato, darà diritto al ruolo di sciamano. Ciò significa che sia che si sia di sangue o meno ciò può avvenire oppure no. Un figlio di uno sciamano potrebbe non essere chiamato e un uomo che va a una cerimonia comunitaria potrebbe entrare in trance e aprirsi a questa nuova esperienza.

sciamano in tranceQuindi per rispondere alla domanda se uno diventa sciamano per nascita o per volontà, direi che sicuramente una discendenza aiuta, ma non è garanzia. La volontà, invece, di sicuro non basta, anche se, una volta chiamati, forse anche la volontà fa la sua parte nella capacità di arrivare alla fine dell’addestramento. Ma penso sia difficile affermarlo, almeno per noi.

Ma veniamo a noi in Italia.
Se abbiamo detto che è la chiamata, l’incorporazione, a determinare l’inizio del viaggio, beh allora io credo che gli spiriti non si concentrino solo in alcuni punti del globo terrestre, ma si muovano su tutta la sua superficie. Quindi le probabilità di essere chiamati qua, sono le stesse che possono esserci in Nepal o Siberia. Il problema è che, mentre la la cultura da millenni si fonda ancora su queste conoscenze e tradizioni, riconosce ancora la figura dello sciamano, qua chi riceve la chiamata è allo sbando. Per usare le parole dell’amico Nicholas, noi occidentali siamo come ciechi che vaghiamo per il mondo, perché abbiamo perso queste tradizioni. La chiesa e poi la nostra cultura scientifica hanno eliminato quasi totalmente tali tradizioni, con la scusa di essere opera del demonio o della superstizione. Ora che stanno risorgendo perché, pur comprendendo l’importanza dell’evoluzione tecnologica e scientifica, ci siamo accorti che ci manca qualcosa, che non siamo solo questa carne e ossa, abbiamo bisogno di cercare fuori per ricostruire all’interno. Possiamo appoggiarci quindi a queste culture che, più o meno generosamente, si sono aperte anche all’uomo bianco per aiutarlo a rinascere, ma lo dobbiamo fare con estremo rispetto, io credo. Non possiamo sciacallarle, non possiamo paragonarci a uno sciamano di tradizione, secondo me non possiamo!

Che quest’incontro tra culture possa invece essere fecondo e insegnarci a recuperare ciò che ci appartiene, cercando di far risorgere una cultura che è impressa nelle pietre, negli alberi, nei luoghi archeologici della nostra terra.